b. 0
sec. XIX
4 lettere. In un´altra busta del carteggio privato di Ettore Novelli sono conservate altre lettere di Giulia Carcano, scritte nel corso del 1885, di cui l´oggetto principale è la raccolta di lettere di Giulio Carcano con l´obiettivo di pubblicarle. Giulia chiede a Novelli di recarsi all´Accademia di San Luca a Roma, dove sono conservate alcune lettere che Giulio scrisse al suo amico Raggi, e di procurarsene una copia. Giulia parla inoltre delle difficoltà di pubblicazione, soprattutto relative al tempo, trattandosi dell´editore Hoepli, "sovraccarico di lavoro"
1885 gennaio 9 - 1885 novembre 22
Documento autografo.
Trascrizione: Milano, 9 gennaio 1885 "[...] Consegneremo al Senatore Massarani, che parte il 12 per Roma, le sue lettere, e se crede potrà consegnare allo stesso quelle del nostro carissimo. La prego poi d´un altro favore. Il povero Raggi ne aveva molte, ma avendone richiesto sua nipote [Signora Piccardi], che vive alla Spezia, ci scrisse che prima della sua morte egli aveva raccolto, fra quelle degli amici suoi, le più interessanti e fattone un dono all´Accademia di S. Luca in Roma. Disse anche che il Professor Azzuini, bibliotecario di quell´Istituto, non farebbe difficoltà a lasciarle scegliere e copiare, ma suppongo in luogo, perché credo siano tutte legate insieme. Vorrebbe prendersi il pensiero di cercarne conto e, se vuole, valersi dell´unito biglietto come assenso della sorella di Raggi, se pure è necessario? Bisognerebbe poi scegliere le più belle e importanti, dietro quel giusto criterio ch´ella dice, e farle copiare da qualche scrivano della stessa Accademia, con quell´equa retribuzione che lei crederà, e della quale ci darà debito. Spero [...] che un giorno o l´altro rivedremo quella Roma così ben fatta per ogni tristezza [...]". Milano, 29 maggio 1885 "[...] La ringrazio, un po´ tardi davvero, della lettera copiata dal professor Cremona, e che fu scritta il 24 luglio dell´82, giorno sempre ricordato con religioso affetto da Giulio, come anniversario della morte di sua madre. Mi spiace dei fastidi che s´è preso per quelle lettere scritte al Raggi, e ho pensato di fare come dice lei, cioè di scrivere io stessa al Comm. Fabi-Attini. Ho voluto però ad ogni buon esito farmi mandare l´acchiuso biglietto dalla sorella del povero Raggi, che noi conosciamo, e la mando a lai perché lo racchiuda nella lettera al Presidente dell´Accademia, e gli dirò anche della sua cortesissima offerta di andare in persona a scegliere le lettere. Il Rizzi, che ha assunto di dirigere questa scelta, è persona [...] di molto criterio e buon gusto, e d´opinioni in tutto conformi a quelle dei migliori, che sono però forse i pochi, ma è meglio essere con loro che con la massa al giorno d´oggi [...]". Milano, 22 giugno 1885 "[...] La ringrazio tanto della scelta, della copia e di tutto. Maria le scrive tutti i particolari del lavoro a cui s´è data completamente, e che è il solo conforto del suo immenso dolore [...]". Milano, 22 novembre 1885 "[...] Temo che si sia smarrita qualche sua lettera, e che non le sia giunto quel numero unico, stampato a Napoli, col caro nome del nostro amatissimo, e inteso ad onorarlo. Sperando che non ci sia altra ragione di cosi lunga mancanza di sue lettere, le mando intanto quelle che ebbi da lei [...], e le verranno consegnate dal Senatore Piola, che lei già conosce. Il professor Giovanni Rizzi che si è interessato della scelta, ne ha trovate molte interessanti, e quelle vennero copiate, ma per ora la faccenda dell´Epistolario non ha neppure avuto principio di vita! L´editore Hoepli è sovraccarico di lavoro; altri buoni qui non ve ne sono [...]. Non so se a Roma vi sarebbe un editore che potesse farlo; e poi sarebbe forse incomoda la lontananza per le correzioni e le note che dovrebbe fare il Rizzi. Avremmo tanto desiderato di far vedere anche a lei le cose inedite, che Maria ha con tanta diligenza ordinate e raccolte. Essa è molto scontenta dell´indugio e della lentezza di tutti nel fare. L´Istituto fece fare un busto, su marmo, che è ben riuscito, e dovrà essere collocato all´ingresso della Biblioteca di Brera. Correnti si prese l´assunto di scrivere il discorso per l´inaugurazione, ma discorso e inaugurazione vennero sempre rimandati da un mese all´altro, e finalmente pare che si faranno il 7 gennaio, giorno della seduta solenne dell´Istituto. Sarà vero? Speriamolo. Anche le lettere di Correnti non ci venne mai fatto d´averle, e speriamo, ora che Maria ritorna a Roma, che le raccolga come ci ha promesso. Volevamo venire noi stesse a metter mano a questa ricerca, ma ce ne hanno dissuaso. Chi sa quando rivedremo Roma! Per noi adesso tutto è tristezza, il soggiorno di Milano e quello di Roma, e solo nella nostra casetta di Lesa troviamo sacre memorie, e un po´ di quiete [...]".
sec. XIX
5 lettere. Nella prima lettera gli chiede di aiutare Cesare Zatale, figlio di una sua cara amica, Maria Domenica Zatale. Il giovane ha la passione e il talento per il disegno, ma vive completamente a carico della madre, la cui unica rendita sono le sue vigne. Rosa chiede quindi a Novelli di raccomandare questo 'novello Giotto che sorge´ presso la magistratura municipale di Roma, affinchè possa proseguire i suoi studi e gli venga assegnata una piccola pensione. In una seconda lettera, Rosa esprime con forza la sua delusione e la sua rabbia nel vedere che tutte le promesse fatte sembrano cadute nel vuoto. Dopo un mese, Rosa torna a scrivergli, questa volta con toni più pacati e ringraziandolo per la sua bontà e generosità nell´aver finalmente dato al giovane Zatale ciò che si merita.
1864 dicembre 3 - 1865 aprile 20
Documento autografo.
Trascrizione: Roma, 3 dicembre 1864 "Se tacessi sarei troppo ingrata, né questa faccia potrò mai meritare . so quanto ella abbia operato a pro del giovinetto Cesare Zatale, che con tanta alacrità si è dato allo studio del disegno, e gliene sono grata come di cosa fatta a me propriamente, dacchè la grande amicizia per quella buona e brava donna che è Maria Domenica Zatale, madre di Cesare, e prego Dio che benedica tutti coloro che per quella virtuosa famiglia si adoperano. Gran beneficio ha fatto la gentile e spiritosa Signora Baldini, procurando a Cesare un sì bravo maestro qual è il Signor Cesaroni, ma non minor beneficio gli ha fatto ella stesso, ottimo Signor Ettore, nel dirigerlo sì bene e coadiuvarlo presso codesto Signor Gonfaloniere; ond´è che di più non glielo raccomando, perché mi parrebbe farle torto. Spero che il giovanetto corrisponderà così bene alle cure di tutti, che forse un giorno potrà esserl´onore del suo paese [...]". Roma, 16 febbraio 1865 "Volevo io subito ringraziarla delle cortesi espressioni dell´aurea sua lettera, testimonio ammirevole dell´onore in che ella tiene le Arti, e quanto le sia a cuore lo assistere chi a sì bei studi si dedica, ma poiché di momento in momento, nel vivo mio desiderio appoggiato alla benevola sua influenza, io mi aspettavo un lieto avviso del buon avviamento dato alle pratiche pel giovine Zatale, pensai fosse discretezza il tacermi, riserbandomi ad un tempo medesimo il rispondervi e ringraziare; ora poi che volge il secondo mese del nuovo anno, e parmi come se fosse addormentato il pensiero di tal faccenda, ora la doverosa sollecitazione del mio animo a favore di costui che tanto alacremente nei suoi studi s´avanza, e sempre maggiori prove ci dà della mirabile sua tendenza alle Arti, mi sprona a scriverne a lei nuovamente, onde non abbia ad ammorzarsi quel fuoco con che le piacque assumere la protezione di questo novello Giotto che sorge. Ne scrissi io pure col passato dicembre all´Illustrissimo Monsignor. Cavalier Santocchi Gonfaloniere, e certo il feci come si conveniva a sì nobile uomo per eccitarlo ad essere mecenate di un bel genio nascente. So che ufficiato da me, Sua Eminenza Monsignor Ricci ebbe la benignità di parlarne per iscritto al su lodato Cavaliere, e so perfino ch´egli concluse dicendo: "Che il più lodevole uso che possa darsi del pubblico denaro si è lo impiegarlo a sostegno e incoraggiamento della gioventù studiosa, perché così facendo si dà lavoro all´ingegno e si provvede alla gloria del proprio paese. Or dunque, se a tempo non si dan tali aiuti, a che poi potranno essi giovare?" Osservi un po´, Signor Ettore, osservi che franchezza d´imitazione e che pazienza costante d´assiduità di lavoro abbia usato il giovanetto intorno ad un corso di Notomia che sta facendo (e non sono ancor 10 mesi che si è dato a così fatti lavori di disegno), e poi mi sappia dire se non sia danno ogni indugio verso una così pertinace ed assidua volontà d´operare. A marzo i suoi maestri già lo ammetteranno al disegno dei gessi. Incominciano ad occorrere spese d´ogni qualità: come si può supplire quel poveretto che vive interamente a carico della buona madre, cui tutta risorsa son le sue vigne? Su via, Signor Ettore, so quanto ella può nella forza de´ suoi consigli sull´animo di codesta municipale magistratura. Tutto io spero da lei, e ne impegno il suo amore al Bello delle Arti e la sua carità verso i miseri. Su dunque, si rammenti che Pier Sederini protesse Raffaello tuttavia giovanetto e ignoto, e che non fu picciola gloria per quell´illustre fiorentino la generosa protezione che gli accordò. Chi sa che cosa potrà divenire questo giovine anch´esso ancor senza nome? L´avvenire sta in nube, ma l´agricoltore coglie il tempo opportuno alla sementa perché germogli la messe [...]". Roma, 17 marzo 1865 "Io e la mia carissima amica Adele Baldini le facciamo in unione l´invio della tanto desiderata lettera commendatizia per Sua Eminenza Monsignor Ruggieri. Questa viene a lui diretta dal Signor Abate Piccoli, grande amico dell´egregio Signor Cardinale Luigi Napoli, il qual Napoli, non conoscendo personalmente il sudetto Monsignore Ruggieri, si è dato ogni possibile premura onde trovar modo che tal commendatizia si effettuasse, e questa ottenne; così ella vede dal predetto distinto personaggio Signor Abate Piccoli. Il contenuto della commendatizia è quale potevasi desiderare, accennando i titoli di lode per l´alacrità con che ne´ suoi studi giornalmente s´inoltra il giovanetto Zatale, e come merita che il comune della sua patria ne prenda cura, e ne protegga l´ingegno, e lo incoraggi con la pensione di cui già gli si fece sperare il pronto decreto. Di più: alle premure del sudetto Signor Abate, sono aggiunte nella commendatizia medesima quelle ancora dell´egregio Cardinal Napoli, addimostrando come qui in Roma ancora si desideri dagli amatori e fautori delle Arti Belle che questo povero e bravo giovanetto trovi protezione [...], onde possa un giorno divenire utile e di decoro alla sua terra natale. Ecco dunque ottenuto quanto parea abbisognasse perché ella potesse agire con tutta quella prontezza ed efficacia di modi che non solo ci promise, ma che dobbiamo da lei aspettarci, come uomo nato a far bene e ad amare quanto v´è mai di bello nelle Lettere e nelle Arti. La nostra Adelina avrebbe voluto scriverle essa medesima, ma mentre stava per farlo sotto gli occhi miei, per consegnarmi il plico furono tante le faccende, le visite, le cure che le si affollarono per la prossima festa del padre, che il farlo le fu impossibile, ed ha lasciato a me la cura di tutto. Voglia V.S. gentilissima darci pronta notizia del buon esito dell´affare, e senza aggiungerle altre parole, che sarebbero un´offesa al suo bel cuore [...]". Roma, 24 marzo 1865 "Non v´è cosa più penosa della delusione; e questa pena ho provato allo scorrere le prime linee della sua lettera dappoichè, recata avendo V.S. la commendatizia a pro di Cesarino a Monsignor delegato, e sentendo non esser effetti delle di lei parole sull´animo di lui, e come tutto il contesto del suo foglio altro non fosse che un minuto racconto dell´esito felice della influente sua mediazione. Ahime! Niente di tutto ciò, anzi per lo contrario questa commendatizia che doveva esser a lei spunto d´appoggio per facilitare la cosa, diviene come inutile, dipendendo tutto dalla unanimità del Consiglio, il qual Consiglio non fu legale. Ma ella, che tanto si interessa a nostro bene, possibile che ignorasse tale illegalità nell´atto di decretare gli scudi 8 mensili al novello artista? E non ignorandolo, perché non ha fatto in modo che vi fosse il numero sufficiente dei consiglieri? Ed ora, perché tanto si sgomenta a trovar modo che si convochi novellamente il Consiglio? E a lei, de´maggiori tra i Deputati che siano nella magistratura, a lei non dà l´animo di far si che il numero sia legale? Ella influente, ella Deputato, ella uomo pienamente addentro nella Bella Letteratura e nelle Arti, ella cittadino riverito e stimato, dice a me e alla mia cara Adele Baldini che noi possiamo di qua romper gli indugi e trovar lena nell´appoggio dell´altro, un potente ausiliario? Ma burla, o dice davvero? Ella è del miglior sesso e risiede a Velletri, noi siamo del sesso debole e residenti in Roma, e dobbiamo far noi questa forza? Ma non sa V.S. (certo che si) che noi donne siam nate per le cure domestiche, per trattar l´ago, per filare e tesser il lino, non per dispensare pensioni e convocare Consigli; e se ella gentilmente volesse rispondermi che le donne che hanno voluto darsi a nobili studi poetici e letterari ( per non parlar d´altro) possono pure assumersi queste gravi faccende, le ripeterò quel che diceva il grande autor del Furioso: ch´è più facile edificar palagi coi versi che con le pietre, e che tutti fan plauso se odono un canto lirico, ma non tutti consentono se si tratta assegnare una pensione di pochi scudi. Cosa vuol dunque che possiamo fare noi qui, Adele e io? Le nostre speranze, giustificate dalle sue promesse, erano tutte riposte in lei; quando ella, invece di accalorarsi con più energia a pro di questo miserabile giovanetto, si ritira dall´impresa, fa perdere il coraggio a noi, e deplorare la tristezza dè tempi in cui non è più amore pel bello! Caro Signor Ettore, le parlo col cuore in mano: se Raffaello avesse trovato nel Soderini lo stesso abbandono che or trova in lei questo povero e solerte giovane, non so se avrebbe sì prontamente fatta la sua carriera. Intendo bene che ella potrà redarguirmi così: Eh! Eh! I Raffaelli son vari! Vero è purtroppo, ma Dio, quando vuole, suscita gli ingegni come e dove meglio gli piace, e certo se un dì questo povero figlio di Vignajuolo (che in soli 11 mesi di studio fa cose meravigliose) avesse a divenir celebre nell´arte sua, e fosse soprannominato il Velletrano, come Lanzio fu detto l´Urbinate, gran disdoro ne verrebbe alla patria se la fama narrasse che il suo paese gli niegò pochi scudi per sopperire alle spese che già fin dai primi passi nella carriera di sua arte gli occorsero, e che la povera madre , che niega a se stessa il bisognevole per sostentarlo, non avesse altro veduto, nelle sue speranze riguardo alla patria verso il figliolo, che una Fata Morgana, una Terra di Nebbia, da destar la malattia che chiamasi calentura, non solo a lei poverina, ma a qual si fosse intrepido cuore di navigante, che dopo aver quasi afferrato una bella isola verdeggiante, trovasi deluso allo sparire dell´isola stessa e piange, di calentura malato, la sua stolta credulità. Parliamoci senza figure, veneratissimo Signor Ettore; ma a che dunque lusingare queste misere genti? E non sarà una crudeltà ritardare, se non niegare a questo giovine la promessa mercede de´ suoi scudi? Sa ella che non son più di 10 giorni ch´è passato presso il Professor Carta allo studio de´ gessi, e vi riesce sì bene che per seconda lezione ha fatto nientemeno che la testa dell´Apollo del Belvedere? Testa che si dà agli studenti provetti per dar prova di loro forza a un concorso. Che gliene pare? Merita o no aiuto, soccorso, protezione, sostegno? Di più è a notare a suo maggior titolo, onde aver diritto alla pensione [...]. A fatiche di corpo non era atto; a studi scientifici, oltre l´altezza della contenzione, ov´era in esso l´aspetto d´aver poi un giorno in società quell´autorevole contegno che all´esercizio d´ogni qualsiasi scienza è pur necessario? Or dunque egli vuol pur diventar qualche cosa a questo mondo (e son parole di V.S.), e noi potremo abbandonarlo così? Un oscuro giovane che altro non sarebbe stato, tuttalpiù che un misero artigianello, pensa ad acquistarsi una fama e poter dir col filosofo: OMNIA BONA MEA MECUM PORTO, e non troncheremo il filo di quelle stesse speranze che noi lo abbiamo esortato a concepire e vezzeggiar nella mente? Oh! Questo non lo crederò mai! E se io ne abbia ragione me ne appello all´egregio suo cuore e al suo bell´animo generoso. Su via, Signor Ettore, vinca gli ostacoli ed acquisti maggior merito presso colui che ogni opera di carità rimunera con celesti benedizioni [...]". Roma, 20 aprile 1865 "Ecco compiuta l´opera della sua generosa protezione a pro del povero giovanetto Zatale; ed ecco come ella ha saputo festeggiare la Santa Pasqua, e far sì che più lietamente la festeggiassero i suoi beneficati, ed io con essi, che tanto gli amo e ne desidero la contentezza. Porgitori di questo foglio saranno a lei la madre ed il figliuolo, e perciò stimo inutile estendermi maggiormente in parole, potendo ben ella immaginare quanto grata io le sia, e come a lei desideri ogni più invidiabile felicità. Rari sono gli uomini, che d´altrui quanto di sé si dian cura, ed ancor più rari sono i riconoscenti a chi fa lor beneficio. Ma io spero che nel modo stesso che in V.S. si è veduto un mirabile esempio di benefica sollecitudine, così in questa buona famiglia e specialmente in Cesarino abbia a vedergli quel che può in cuori onesti e religiosi il sentimento della gratitudine verso chi aperse loro la via a così liete speranze. Il mio Vincenzo, che al par di me la ringrazia, le vuol essere con amore riconsolato, e pregandola entrambi a far le parti nostre anche al suo Signor fratello, me ne raffermo con alta stima [...]".
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sec. XIX
20 lettere scritte soprattutto a partire dalla morte del padre Giulio Carcano, avvenuta nel 1884: inizialmente la donna chiede a Novelli di procurarsi una copia arretrata di tutti quei giornali romani che hanno scritto articoli e necrologi su Giulio. Pochi giorni dopo Giulia e la figlia Maria ricevono a Lesa gli articoli: a tal riguardo Giulia esprime il suo disappunto circa alcune 'falsità e assurdità´ scritte. Nella stessa lettera chiede a Novelli di consigliarla su cosa fare dei libri del padre: la sua intenzione è donarli a qualche biblioteca. Nelle successive lettere Giulia chiede ancora consigli a Novelli circa la pubblicazione di alcune lettere che il padre scrisse a dei giovani scrittori i quali puntualmente gli mandavano i loro versi.
1883 dicembre - 1893 dicembre 18
Documento autografo.
Trascrizione: Milano, dicembre 1883 "[...] Io stavo per scriverle, anche a nome di Giulio, quando arrivò il volumetto di Canti, che gli fece doppio piacere vedendosi di lei ricordato, mentre da tanto tempo non aveva sue nuove. Egli è a letto da un mese [...]. Io scrivevo a lei per darle una seccatura, ed ecco di che si tratta: un buon diavolo di portiere del Collegio Nazionale ha l´ambizione (e chi non l´ha!) di far carriera e diventare l´impiegato governativo, perché anche avrà così diritto a pensione, e gli saranno valutati gli 8 o 10 anni di servizio militare. Il posto a cui aspira è quello di portiere o bidello del nuovo Liceo che il Ministero mette qui a Milano, e la sua supplica e i suoi documenti che sono buoni, vennero spediti a Roma con raccomandazione del M. Provveditore di qui. Egli dunque vuole che io lo raccomandi, e ho pensato che nessuno meglio di lei potrebbe e vorrebbe farmi questo piacere [...]". Lesa, 30 settembre 1884 "[...] Da più giorni avrei dovuto e voluto scriverle, e ringraziarla della parte che ha preso al nostro dolore [...]. Mia figlia chiese i giornali, sperando di trovare in essi degne parole; fra i molti qualcuno disse bene e giusto, ma negli altri quante assurdità, quante falsità! Noi e i suoi amici sappiamo come egli era davvero e sempre lo stesso. Lei sa che fin dall´inverno lo tormentava una doglia nervosa, insistente, che credeva lombaggine; non poteva camminare che a stento, dormiva poco ed era spesso malinconico e pieno di tristi presentimenti. Al principio di luglio venimmo qui. I primi giorni stette meglio, ma col crescere del caldo cresceva la debolezza e l´avversione al cibo [...]. Dopo alcuni giorni non potette più reggersi, e la domenica 24 agosto si mise a letto. Come potrò ridirle la rassegnazione, la tranquillità, le parole, la religione vera di quell´anima santa? Non mi regge il cuore, solo quando potrò vederla gliene potrò parlare. Noi siamo rimaste qui in questa solitudine, dalla quale amici e parenti ci vorrebbero togliere per attendere a mille faccende [...] se avremo trovato un alloggio, andremo a Milano il resto dell´inverno, sennò pensavamo a Firenze, più mesta e tranquilla di Roma, forse anche per combinarvi una raccolta delle lettere sue agli amici e famigliari [...]. E ora vorremmo da lei un consiglio: non vorremmo disfarci dei libri, ma farne una scelta e farne dono, in parte, al Collegio Nazionale Longone [?], in parte tenerli per noi. Ma ne restano pure moltissimi, buoni forse per qualche biblioteca circolante, delle quali era socio, o anche per qualcuna governativa. Che le par meglio di fare? Maria m´incarica di dirle che, per volontà del suo papà, deve dare ad ognuno degli amici specialmente nominati, un´opera scelta nella sua libreria, e lei è fra questi. Quando saremo a Milano, adempirà subito questo suo obbligo, e credo che le sarà caro l´esser stato ricordato dall´amico perduto. Riceverà anche un fascicoletto che abbiamo fatto stampare e che contiene i discorsi pronunciati qui in quella sera. Servirà di ricordo a chi, come lei, non potè essere presente [...]". Lesa, 26 ottobre 1884 "[...] La sua affettuosa lettera ci dà la cara speranza che sia scritto degnamente e col cuore del nostro dilettissimo, e vogliamo che ciò avvenga presto perché, in questi tempi di vivere affannoso, e di gente che presto dimentica, sia data a tutti qualche onesta testimonianza del valore morale e letterario di lui. Quest´argomento e quanto ella dice delle sue lettere mi conduce a parlare anche a lei d´un nostro pensiero per averne consiglio. Alcuni giovani scrittori, che gli mandavano i loro versi e ai quali, cortese com´era sempre, rispondeva, hanno fatto sapere subito la loro intenzione di stampare di stampare le lettere che possedevano. Maria, spaventata dal pensiero di questo pettegolezzo, che aveva forse il suo movente nella loro vanità, disse che sarebbe forse stato meglio raccoglier noi, con l´aiuto di qualche amico, una scelta di lettere da pubblicare entro un anno, e così scrisse a quei signori che non stampassero nulla per ora. Mi dica che ne pensa della cosa in sé, della convenienza di farlo, del tempo e dei modi che le sembrerebbero opportuni. Noi si pensava, non avendo casa in Milano fino a pasqua, di passare 3 mesi dell´inverno a Firenze, città tranquilla e malinconica, e con l´aiuto forse di Bertoldi cominciare questa scelta. Sennò ci si potrà pensare a Milano, ma non so come sarà possibile non avendo alloggio stabile. Vede che le sue lettere a Roma non possiamo recarle, ma se lei potesse venire a prenderle, una sua visita ci sarebbe tanto cara, e si potrebbe discutere dei libri che per ora sono tutti in casse in un magazzino. [...]. Promise alla Presidenza dell´Istituto di fare lei la commemorazione, e certo saranno parole scritte col cuore. L´amava tanto, e da tanto tempo, e avevate attraversato insieme i momenti più gloriosi e più dolorosi di questi anni, appunto, come lei dice, dal ´40 al ´70 [...]". Milano, 1 gennaio 1886 "[...] Viene a Roma per passarvi due mesi la Signore Giuseppina Negroni-Prati nata Morosini, sorella di quell´Emilio Morosini che perdette gloriosamente la vita battendosi contro i francesi. E' donna colta, energica, incantevole. Dipinge, suona e ama l´arte in tutte le sue manifestazioni. Perdette un figlio giovinetto due anni sono, e ancora ne porta il lutto, come ha sempre in cuore quello del fratello. Questa buona signora è nostra amica. Da molti anni il nostro povero Giulio frequentava la sua casa, e fu lei che gli raccomandò una persona della quale ha qui bisogno di parlare a lei. Pensai che ella non sarebbe malcontento di conoscere la Signora Negroni alla quale ho detto di lei, del suo impegno e del suo animo buono [...], e cosi che mando una mia carta di visita con la quale potrà presentarsi dopo l´8 gennaio all´Hotel Laurati dove lei alloggia, e consigliarla sul da farsi pel suo protetto. Egli è il Signor Gioacchino Bianchi, gentiluomo veneto, che rimasto in ristrettissime condizioni di fortuna, senza lavoro, e non soccorsi, e fu del povero Giulio impiegato nel Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dove riordinò il catalogo e la biblioteca, ma dove è assai meschinamente retribuito (lire 84 al mese), e non è neppure impiegato stabile. Egli vorrebbe migliorare la sua posizione e assicurarsi un avvenire meno incerto, e sarebbe felice se trovasse una nicchia in qualche biblioteca. Ella saprà di certo chi ha nel Ministero la direzione di questi Istituti, e la sua autorevole parola potrebbe essere un grande appoggio per il Signor Bianchi. Ma questi, prima di fare una domanda, vorrebbe sapere se c´è qualche speranza di riuscita, essere insomma diretto e consigliato. Se ha il tempo di rispondermi prima della venuta della Signora Negroni a Roma, mi farà sommo piacere. Il giorno 7 ci sarà qui la commemorazione del nostro carissimo letta da Correnti, ed è grande l´aspettazione di tutti [...]. Spero che tra non molto si procederà alla stampa delle lettere [...]". Milano, 23 gennaio 1886 "[...] La ringrazio per la sua premura [...]. Il Signor Bianchi mi ha fatto sapere che ha scritto a Roma, credo ala Signora Negroni, perché chiede a lei gli schiarimenti necessari al concorso pel posto di vice-bibliotecario al Senato, se pure è già messo fuori. Il Correnti ha scritto qui al segretario dell´Istituto che verrà forse il 9 febbraio, e se non potrà venire per la salute, manderà la commemorazione da stampare [...]. A marzo, nel momento dei bagordi carnevaleschi, ce ne fuggiremo a Lesa per qualche giorno [...]". Milano, 11 aprile 1886 "[...] Ho veduto la Signore Negroni dopo il suo ritorno da Roma, e mi disse d´esser stata contentissima d´aver fatto la sua conoscenza. Mi parlò anche di un desiderio che era pure quello del povero mio Giulio, di veder lei ascritto a quell´Istituto, dove sono già tanti valevoli e buoni amici del nostro carissimo. Mi rammento che egli diceva come sarebbe stata ottima cosa che lei avesse chiesto di fare, in una delle sedute ordinarie, qualche lettura di soggetto storico, o artistico o letterario, come lei saprebbe così ben fare, e farsi cosi conoscere a quel consesso, che ha bisogno di rinvigorirsi con nuovi elementi [...]. I manoscritti delle lettere scelti dal Sig. Rizzi vennero finalmente consegnati all´Hoepli, ma questi è talmente sovraccarico di lavoro, che temo che fino all´inverno il volume non uscirà. Sarà preceduta da una biografia scritta dallo stesso Rizzi [...]. Avremmo anche il desiderio di fare, col tempo, un´edizione completa delle opere, com´era sua intenzione, e vi sarebbero molte cose inedite [...]". Lesa, 31 agosto 1886 "[..] Fin dalla primavera ella prese interesse per il Signor Bianchi-Vassilli di Venezia. Fu dietro suo consiglio che il Bianchi, lasciando il pensiero di entrare nelle biblioteche nazionali, dove per l´età non avrebbe potuto essere ammesso, si limitò a fare istanza perché gli fosse dato stabilmente il posto che ora tiene presso la Segreteria dell´Istituto Lombardo. La Presidenza appoggiò la sua domanda con la relazione più favorevole, e venne assicurato che nel bilancio di quest´anno sarà accolto il suo voto, e potrà avere una posizione almeno sicura e bastantemente retribuita. Ora egli mi scrive che gli si dice che si stanno ora compilando questi bilanci, e mi prega di far richiamare il suo nome al Ministro della Pubblica Istruzione. Io mi rivolgo a lei che ebbe già per le mani questa faccenda, e spero che vorrà prendersi la briga di raccomandare questo sventurato e degno gentiluomo [...]". Lesa, 18 settembre 1886 "[...]L´epistolario progredisce per le diligentissime cure del Prof. Rizzi, ma la pubblicazione on sarà prima dell´inverno [...]". Milano, 21 dicembre 1886 "[...] Attendiamo di giorno in giorno la pubblicazione delle "Lettere alla famiglia e agli amici", titolo che venne scelto, anche perché l´editore che dapprima non voleva saperne, si piegò, a patto che il volume fosse piccolo, e il Prof. Rizzi con grandissima diligenza, pazienza e cuore fece la miglior scelta che gli fu possibile in limiti così ristretti. Uscirà in questi giorni a Firenze un altro volumetto che il chiarissimo Prof. Conti [Augusto] riuscì a far stampare colà da un certo Ricci. Sono traduzioni bibliche, quasi tutte inedite e bellissime, anche a giudizio del Conti. Il povero mio Giulio desiderava assai di pubblicarle e ne parla in una lettera che sarà tra le stampate. Sarà, mi dice il Conti, un volumetto diamante, e secondo lui piacerà. Ma chi si cura adesso di poesie, e per di più di Biblica? I pochi e i buoni come lei. A quel signor Bianchi non è venuta finora la comunicazione ufficiale della sua nomina, ma è contento che sia stata presa in considerazione la sua domanda, e stabilita in massima la sua nomina [...]". Lesa, 16 aprile 1887 "[...] Sono uscite le 'Versioni Bibliche´ con prefazione di Conti. Le manderemo una delle pochissime copie che ci ha dato l´editore. E' un´opera quasi del tutto inedita. Le chiedo se può, per favore, annunciarla con poche righe su qualche giornale di Roma, o meglio ancora sulla Nuova Antologia o nel Bollettino Bibliografico, aggiungendo che il Loscher ne ha deposito costì. Desideriamo che sia conosciuta, e purtroppo bisogna ricorrere ai giornali anche per la poesia se si vuole che non resti ignota [...]". Milano, 2 giugno 1887 "[...] Quel Signor Gioacchino Bianchi, impiegato all´Istituto Lombardo, mi dice che si stanno ora per discutere i bilanci del Ministero dell´Istruzione Pubblica. Potrebbe rinnovare la memoria di quell´uomo a qualche suo amico nel Ministero stesso? [...]". Bade, 1 agosto 1887 "[...] Oggi ci è arrivata una sua cartolina dove annuncia che oggi esce sulla Nuova Antologia un suo lavoro intorno ai 'Fiori Biblici´. La ringrazio moltissimo: fra 8 giorni lasceremo Baden per un soggiorno più alpestre, e il 20 torneremo alla nostra casetta per ricordarvi il terzo anniversario d´un dolore sempre presente. La notizia della morte di De Pretis darà molto a pensare, e la scomparsa di quest´ultimo veterano del Parlamento che lo accompagnò da Torino a Roma, chiude la serie delle gravi perdite fatte dall´Italia in questi ultimi anni [...]". Milano, 11 aprile 1888 "[...] Bianchi ottenne la nomina d´impiegato stabile. Ma la stessa amministrazione dell´Istituto ha domandato schiarimenti al Ministero, per sapere se le somme indicate nei mandati ricevuti e diretti al Bianchi, appartengono nella totalità a lui, sia come arretrati sia come stipendio, ovvero alla datazione dell´Istituto suddetto. Cosi avviene che egli non può ricevere nulla, mentre pare evidente che almeno gli arretrati dal 1 luglio 1886 al 14 maggio 1887, data del decreto, dovrebbero essere suoi [...]". Lesa, 24 settembre 1888 "[...] La Contessa Castelli ha problemi con l´eredità paterna; l´esecutore testamentario del defunto Conte del Magno, avvocato Malerba, che è pure destinato a diventar patrono dell´Ospizio di cui si parla in quel testamento, venne ad un accordo verbale con l´avvocato Consoli, la baronessa Castelli e suo cognato il colonnello del Lungo, rappresentante sua moglie che è l´altra sorella del Magno. L´accordo consisterebbe nel pagare alle due sorelle la legittima in contanti, in base alla stima del valore delle terre; si dividerebbe quindi per metà il reddito netto della disponibile, calcolata circa lire 3000. una metà sarebbe adoperata per fondare l´Ospizio, l´altra sarebbe da dividersi tra le due sorelle, dando alla minore, maritata e con figli, un capitale corrispondente al reddito che sarebbe di lire 750, e pagando alla baronessa Castelli vedova la rendita vitalizia di lire 750. questa primavera, al momento di presentare i documenti relativi a questo affare alla Deputazione Provinciale di Milano, l´esecutore testamentario si rifiutò adducendo per motivo che non era conveniente cercare il capitale necessario a pagare la legittima, e doversi piuttosto vendere le terre. Le sorelle del Magno assentirono a questa proposta; alcuni feudi furono venduti, ma ora che è ottobre non si progredisce nella vendita, e non vengono neanche presentati i rendiconti, nè alle sorelle né all´autorità tutoria delle opere pie per la parte che spetta ai poveri. La baronessa Castelli vorrebbe sentire quale consiglio le da il Sig. Casanova, e se sarebbe utile presentare un´istanza, e chiede a lei di parlare con Casanova [...]". Lesa, 5 giugno 1891 "[...] Grazie per l´efficace aiuto promesso: la difficoltà da lei accennata si riduce di qualche cosa, perché pubblicando tre volumi all´anno, sarebbe compiuta al principio del quarto tutta la raccolta di volumi. Come avrà veduto dall´elenco, sono di molte pagine e costano poco [...]". Lesa, 22 settembre 1891 "[...] Rammentando la cortese promessa ch´ella mi fece d´occuparsi per trovare qualche sottoscrizione alle Opere Complete del povero Giulio, le dico che ai primi di ottobre andremo a Milano, per spingere il tipografo a cominciare la stampa, benché non sia ancora raggiunto il numero delle firme da noi garantito. Ma siamo a 120 (ce ne vogliono 200), quindi siamo a un buon punto [...]". Lesa, 17 gennaio 1892 "[...] E´ cominciata la stampa del primo volume: speriamo che l´edizione soddisfi gli associati. Per ora essi sono 150, e crediamo si potrà trovare le altre 50 firme durante la pubblicazione [...]". Milano, 12 aprile 1892 "[...] Siamo occupate assai per le correzioni della stampa del primo volume della raccolta, e rimpiangiamo di non averla vicino per consultare il suo gusto e la sua conoscenza della lingua sulle dubbiezze che nascono ad ogni momento per causa delle edizioni poco corrette di cui bisogna servirsi. Spero che l´edizione riesca bene, e che questo volume [...] esca alla fine di maggio. Le 200 firme non sono ancora del tutto raccolte, e speriamo presto raggiungere le 20 o 30 che mancano [...]". Milano, 25 aprile 1893 "[...] E´ finalmente uscito il terzo volume che contiene 12 novelle [...]. Sarebbe però desiderabile che da qualche persona nota e autorevole si parlasse di questa ristampa, e in specie di questo terzo volume, facendone un cenno in qualche rivista. Se ella potesse, come fece già per i Fiori Biblici, dire qualche cosa, gliene saremmo ben grate. E' vero che quella sua ultima cartolina che biasimava l´indifferenza degli italiani pei loro migliori, diceva purtroppo la verità, ma che fare? Bisogna cercare di smuovere questa gente oziosa, com´ella la chiama [...]". Lesa, 18 dicembre 1893 "[...] Di Roma si parla ancora, ma l´invasione dei pellegrini ci spaventa un poco, e non vorremmo che quelle brave ma non pulite persone ci portassero la peste dal Portogallo o anche dall´America [...]".
5 lettere. Maria, figlia di Giulio Carcano, comincia a scrivere a Novelli poco dopo la morte del padre, nel settembre del 1884, e come Giulia chiede a lui consigli su cosa fare dei libri di Giulio, sulle lettere da scegliere e sulla pubblicazione delle opere del romanziere milanese. Ciò che chiede a Novelli è soprattutto rintracciare gli amici che avevano in comune e recuperare le lettere più belle scritte da Giulio.
1884 settembre 10 - 1887 febbraio 2
Documento autografo.
Trascrizione: Lesa, 10 settembre 1884 "[...]Egregio amico, rivolgo, a nome della mamma che oggi non lo potrebbe, i nostri ringraziamenti pel suo affettuoso telegramma, e insieme la prego d´un favore. Finora non abbiamo avuto il coraggio di leggere nessun articolo scritto in elogio del mio caro papà; ma vorremmo però scrivere una raccolta per vederli più tardi. Se ella avesse la bontà di procurarsi una copia arretrata di quei giornali romani che recarono articoli o necrologie, come l´Opinione, il Diritto, Il Popolo Romano, Il Fracassa e altri (La Libertà ci fu inviata), ci farebbe un favore inviandoli sotto fascia (ben inteso a nostro conto), e diretti a Lesa, Lago Maggiore. Quando mi sentirò più in vena le darò conto della malattia e di tutti i particolari che riguardavano il babbo, e che possono interessarla. Per ora basti il dirle, che sebbene soffrisse da vari mesi di debolezza alle gambe e disturbi di circolazione e dolori che pare fossero d´origine spinale, forse non avremmo mai creduto che in soli 5 giorni di letto peggiorasse in tal modo. Si può quindi figurare il nostro stato presente [...]". Milano, 11 ottobre 1884 "[...] La prego di gradire il volume ch´ella riceverà, unito a questa lettera; è un´edizione antica, illustrata, dell´Ariosto, Venezia, 1560. opera che le invio per adempiere la volontà del mio carissimo papà, il quale, in data 2 gennaio 1884, lasciava scritto "ch´io scegliessi nella sua libreria per ciascuno de´ suoi più cari amici, e tra quelli di cui è scritto il nome trovo il suo [...]". Lesa, 26 novembre 1884 "[...] La mamma aveva richiesto un suo giudizio sul raccogliere le di lui lettere, ma non avendo avuto risposta, ebbe frattanto eccezione di parlarne al Correnti, e questi, s´intende, troppo occupato per badarvi egli stesso, ci consigliò, prima di scegliere un editore, a riunire buon numero di lettere, ciò che darebbe garanzia all´editore stesso che c´è materia e adattata per arrischiare la pubblicazione. Io avevo pensato ad una circolare stampata ai molti amici e corrispondenti del mio caro papà, ma la mamma preferisce incominciare privatamente. E' vero che così si cagiona più noia a quei poche più intimi amici, perché bisogna invece pregar essi e rivolgersi ad altri loro conoscenti. E' così che mi prendo la libertà di chiederle di domandare ad alcuni suoi amici, per esempio Zamboni, il Mannarelli, come anche agli eredi dei defunti Frassi, che ella avrà occasione di vedere, se e quante lettere potrebbero trovare da loro ricevute. Tra queste si farà una scelta; prima però intendiamo ch´ella ci accordi il permesso di pubblicare buon numero di quelle a lei dirette, ch´io contai, s´intende rispettandone il contenuto, sono 79, e come diceva la mamma preferiamo aspettare persona sicura che si rechi a Roma per rimandargliele anziché per posta, per esempio il Senatore Piola. Per ora ci dica se le va l´idea, anche se sappiamo che ci vorrà almeno un anno per metterla in pratica. Ella potrebbe chiedere agli altri lo stesso favore[...]". Lesa, 28 giugno 1886 "[..] Dal 25 luglio al 15 agosto staremo in qualche località di bagni in Svizzera, poi torneremo per il triste anniversario il 30 agosto. L´epistolario è finalmente sotto i torchi, ma l´editore fu barbaro in modo di fissare il numero delle pagine, e quindi si dovrebbe fare una seconda scelta ancora più limitata [...]". Milano, 2 febbraio 1887 "[...] chi le reca queste due righe è la Baronessa Castelli della quale forse si ricorda, avendola veduta da noi nel 1883 a Roma, in Via Due Macelli. Ella viene ora costì per suoi affari di famiglia, e forse avrà bisogno di suoi consigli. Mi spiace molto non poterle annunziare come molto prossima la pubblicazione dell´epistolario; quei signori di Firenze (l´Hoepli fa stampare alla Tipografia dell´arte della stampa) mandano le bozze una volta ogni 15 giorni, e anche più di rado. S´immagini come sono impaziente. Il Rizzi è poi occupatissimo per le sue lezioni e non ha potuto finire la prefazione; ora deve correggere per la terza volta l´ultimo foglio, e se dio vuole in questa Quaresima potrà uscire, ma io ho quasi timore che questo ritardo diminuisca l´interesse , almeno per chi non era amico o parente . le traduzioni bibliche, così promise il Conti, verranno fuori in fine di febbraio. Se al ritorno della Baronessa, che sarà fra una o due settimane, ella le darà due righe per noi, ci farà piacere avere sue notizie; potrebbe ricordare chi sia un giovane poeta che nel luglio 1883, aveva mandato al mio papà un volume di versi, e del quale trovammo una minuta di lettera, con molti elogi ma senza il nome; e in essa dice "non posso che unirmi al buon giudizio che ne diedero i miei amici Novelli e Zanella"; e loda un suo preludio in versi, 'Al tramonto, sull´aia toscana´. Se trova chi sia, o se trova il volumetto alla Biblioteca, ne sarei felice [...]".
b. 3
sec. XIX
5 lettere. Giuseppina Lippert von Granberg, pittrice e scrittrice tedesca, scrive all´amico Novelli da Vienna, nel corso del 1874, ringraziandolo costantemente della cura che questi ha nel correggere un´opera a cui sta lavorando Filippo, scrittore e marito di Giuseppina, opera intitolata dapprima 'Stefania´, poi 'Roma nel mille. Scene drammatiche´.
1874 febbraio 3 - 1875 marzo 29
Documento autografo.
Trascrizione: Vienna, 3 febbraio 1874 "[...] Grazie prima di tutto della pena grandissima, e di tanto lavoro che fa lei alla 'Stefania´. Ella veramente è stata colui degli amici che, malgrado le occupazioni proprie e non di niun conto, ha saputo trovare il tempo per quel difficile affare dell´amicizia. Non c´è impossibilità per l´energia della volontà! L´ho creduto prima di tutti da lei, e non mi sono ingannata affatto. Ma siete anche persona, che quel suo sacrificarsi disinteressatamente non sarà inutile, e porterà certamente i suoi frutti. Perche Filippo si mette a lavorare con tutta l´anima e mi ha dato il promesso di farlo tanto chiaro che gli sia possibile. Ci resterà pure sempre qualche cosa di riflettere pel lettore, finche un poco d´oscurità ed una troppo grande abbondanza delle immagini, sarà sempre lo stile caratteristico di lui. E come il carattere personale, così la maniera di scrivere dei poeti resterà in ogni paese della più grande variabilità. Vorrei dire tante cose a lei se potessi esprimermi meglio nella vostra lingua [...]. E ciò che riguarda l´opinione politica, ella non deve mai aver la potenza di dividere le anime, essendo una cosa tanto intima, individuale e quasi casuale come la religione. Se ella dunque volesse continuare a fare il maggior bene di Filippo, la prego di non aspettare finche tutta la 'Stefania´ sia finita, ma di mandargliela atto per atto come fino adesso [...]. Sono diligentissima ed ho cominciato di dipingere ad olio, forse potrei dunque presentarle una volta un lavoro più degno [...]". 21 febbraio 1874 "[...] Grazie per la grandissima cura ch´ella ha adoperato alla 'Stefania´. Corretta adesso da lei fino al 5 atto bisogna riconoscere il lavoro immenso, fatto con tanto ingegno e così penetrativo come precisissimo. E' quasi ricreato con spirito chiaro, e non so veramente come devo esprimerle la mia gratitudine infinita. Filippo ha ricominciato a studiare e rilavorarci con molto zelo, prodotto primo per l´aiuto così generoso dell´amico; egli ha corretto molto, e spero che sotto altra forma e dopo i suoi consigli l´opera uscirà fuori finalmente con la sua approvazione. Anche per me che ci ho lavorato un poco, e dato alcuni pensieri alla cosa, e d´un interesse proprio personale, e tanto più io devo a lei il più grande ringraziamento [...]. Se le prime scene o atti verranno compiuti, essi verranno subito alla stampa, e cosi io devo pregarla di non lasciare interrotta la sua grandiosa opera buona, e di continuare nel correggere degli ultimi atti. Spero che il cambiamento della forma e cosi anche del titolo del poema avrà la vostra approvazione. Filippo metterà invece di 'Stefania´ 'Roma nel mille. Scene drammatiche ´. Sono tanto lieta di aver veduto la sua correzione che ella non lo può immaginare [...] . E´ forse una buona ispirazione di dire, già nel titolo, che quel poema non sia che un quadro del tempo. E anche ciò è prodotto per le sue idee e la sua influenza, la quale infinitamente più istruita e più erudita della mia mente, che più giudica col sentimento, come tutte le donne, e cosi ella è riuscito a dominare l´amico che ha tante volte bisogno d´una guida amorevole e indulgente [...]". Vienna, 15 marzo 1874 "[...] Bisogna di dirle che ho compreso tutto ciò ch´ella mi diceva francamente varie volte, intorno al lavoro di Filippo. Quello fa tutto per riparare ogni difetto del suo poema, e la prego di non credere che il suo lavoro sarà fuggitivo o leggero, dopo tanta fatica ch´ella ha fatto per lui [...]. La prego di continuare la sua opera e di essere molto severo con Filippo [...]. Sono diligentissima nel studiare l´arte e spero in poco tempo poter mandarle qualche cosa un poco meglio [...]". Vienna, 4 gennaio 1875 "[...] Enrichetta [Capecelatro] mi scrisse ch´ella faceva tutto per salvarla e per accordarla un sostegno tanto necessario in quella infelice impresa. L´amica mia mi parla di lei con la più grande e profonda gratitudine, e mi prega di assicurarla della sua massima stima e della sua affezione amichevole per sempre. Come Enrichetta ha sottoscritto il contratto con le altre cose senza conoscerne il contenuto. Ho paura che passerà ancora assai di tempo fino che tutto sia condotto al termine, ma il danno principale, come lo speriamo, sarà evitato, e di questo ella solo Signor Ettore ne ha il grande merito [...]. Filippo è occupatissimo per finire le note e in conseguenza molto stancato e disgustato già del lavoro senza fine [...]". Roma, 29 marzo 1875 "[...] Tutto all´improvviso mi trova qui a Roma, contentissima di rivedere la mia prediletta e bellissima città, ma sento anche il desiderio di rivedere gli amici, e fra tutti lei Signor Novelli, per parlare di cose della poesia e di tante altre per le quali sentiamo per certo il medesimo interesse. Il mio piccolo libro di poesie liriche ella ha ricevuto come io lo so, ma sarà solo un segno di stima per il poeta e l´amico, ma non sarà veramente conosciuta da lei, perché l´espressione purtroppo è un enigma della lingua affatto straniera. Oltre quello che ne hanno parlato le gazzette di Vienna e della Germania favorevolmente, mi ha fato il massimo piacere una piccola notizia del libro nella Rivista Europea del 1 marzo [...]".
b. 4
sec. XVIII
Da Losanna informa Novelli circa le impressioni che ha avuto sulla città italiana: sia la parte 'industriale' che quella 'artistica' della città italiana non le sono piaciute, mentre è stata favorevolmente colpita dal Tempio del Risorgimento e dal borgo medievale. Poi, pensando a Roma, confessa di avere al riguardo pensieri malinconici. Infine gli da notizie sul suo libro, "La Polimnia", di cui spera l'imminente ultimazione e distribuzione. Anche da Firenze la Venuti esprime a Novelli le impressioni sulla città, piena di verde e di fiori meravigliosi. Ha intenzione di frequentare il circolo filologico e di partecipare a conferenze e corsi di lingue straniere. Ha partecipato alla giornata solenne dell'Accademia della Crusca. Infine Teresa esprime a Novelli il suo dispiacere per non aver questi apprezzato i suoi versi e l´assenza in essi di rime.
1780
Documento autografo.
Trascrizione: Losanna, luglio 188[ ?] [...] Gli ultimi giorni prima della mia partenza da Roma furono così affannosi per molti motivi, che non mi riuscì di provare a rivederla come avrei tanto voluto. Andai subito a Torino, dove le voci del colera scoppiato in Francia mi trattennero 3 settimane, e furono troppe per visitare l´Esposizione. In essa poche cose mi hanno interessato. La parte industriale mi pare assai meschina, la parte artistica peggio, la parte scientifica ossia fisica-meccanica non è in mia facoltà giudicarla. Quello che mi ha trattenuto è stato il Tempio del Risorgimento e il borgo medievale meraviglioso e studiato con gusto. Vedendo che disgraziatamente il morbo non cessa, invece di andare a Parigi come avevo destinato, me ne sono venuta nella Svizzera che a me piace molto. Da Torino andai a Ivrea in ferrovia, poi in vettura ad Aosta, e di la sola colla guida, la prima parte in vettura la seconda a piedi, tra la neve; su per le montagne salii al Gran San Bernardo, dove riposai un giorno e una notte; scesi dalla parte opposta a quella donde ero venuta, e nel medesimo modo finchè trovai la ferrovia che qui mi condusse. Starò a Losanna parecchi giorni. Quando penso a Roma mi s´affacciano molti pensieri e immagini tristi; cerco allora di portar la mente alle persone che sono state bene con me, che stimo, e tra queste lei è una delle prime. Mi dia dunque le sue notizie e me le dia buone. La Polinnia venne alla luce una settimana dopo che ero partita, ma con tre errori madornali che non erano mai stati nelle bozze. Mi arrabbiai e scrissi alla persona incaricata di distribuire il libro, che si facesse fare una errata-corrige. Ormai spero che sarà ultimato e distribuito [...]". Firenze, 30 novembre 188 [?] " [...] La nebbia e la neve mi hanno cacciato da Cortona, dove ho trasportato i miei penati [?], come lei sa. Ma come mai farsi venire le febbri miasmatiche? Forse la sua nuova abitazione a Roma è vicina al gran padre Tevere, padre di malanni più che di qualunque altra cosa? [...]. Ho piantato per qualche tempo la mia tenda qui a Firenze, che ha per me le attrattive d´una città nuova, e dove il triste inverno è dissimulato e mascherato da tanti giardini e da tanti fiori. Parlo in senso vero e in senso metaforico. Vi sono delle rose, delle camelie e vi sono tanti fiori d´arte che fanno più piacere di quelli di Roma, forse perché sono disposti con più gusto. Ho intenzione di farmi una scorpacciata di conferenze, di letture e corsi di lingue straniere al Circolo Filologico e altrove. Per cominciare ho assistito domenica alla giornata solenne annuale dell´Accademia della Crusca, a cui forse lei appartiene o deve appartenere, poiché sono stati recentemente ammessi Zanella [Giacomo] e Carducci. Vi si parlò con elogio della scuola romana e del Rezzi [Luigi Maria], a proposito del premio da questo stabilito , per il conferimento del quale la Crusca è stata chiamata a giudicare. Vi fu poi l´elogio del Maffei. Mi dispiace che il concetto dei miei versi non le sia andato a genio. Se avessi potuto vederla avrei preso i suoi consigli con mio utile. Quanto alla novità dei metri, io non ci tengo affatto; mi fa comodo d´evitar la rima perché non ne sono padrona come lei, e quelle tali idee mi vengono vestite con quella tale forma metrica , forse perché dovendo far parlare fanciulle romane pie [?]". Firenze, 23 gennaio 188 [?] " [...] Il lavoro che vorrei fare è una monografia della famiglia Venuti, intrecciata con la storia di Cortona sua patria. Ci sono molte memorie dimessa fin dal 1400; ebbe poi un momento di gloria nel 1700 sia per la dottrina che per le armi. Ho raccapezzato molte cose della biblioteca cortonese, altre ne acquisterei da certi preti eruditi, però non so come distribuire il materiale, se seguire l´ordine cronologico. Vorrei unire il lavoro dei ritratti e dei disegni. Ho un´altra trentina di poesie che dormono nella cartella; mi ci vorrebbe un colpo di sprone per riprenderle e finirle per la stampa [...]". Losanna, 11 luglio 188(?) [...] Gli ultimi giorni prima della mia partenza da Roma furono così affannosi per molti motivi, che non mi riuscì di provare a rivederla come avrei tanto voluto. Andai subito a Torino, dove le voci del colera scoppiato in Francia mi trattennero 3 settimane, e furono troppe per visitare l´Esposizione. In essa poche cose mi hanno interessato. La parte industriale mi pare assai meschina, la parte artistica peggio, la parte scientifica ossia fisica-meccanica non è in mia facoltà giudicarla. Quello che mi ha trattenuto è stato il Tempio del Risorgimento e il borgo medievale meraviglioso e studiato con gusto. Vedendo che disgraziatamente il morbo non cessa, invece di andare a Parigi come avevo destinato, me ne sono venuta nella Svizzera che a me piace molto. Da Torino andai a Ivrea in ferrovia, poi in vettura ad Aosta, e di la sola colla guida, la prima parte in vettura la seconda a piedi, tra la neve; su per le montagne salii al Gran San Bernardo, dove riposai un giorno e una notte; scesi dalla parte opposta a quella donde ero venuta, e nel medesimo modo finchè trovai la ferrovia che qui mi condusse. Starò a Losanna parecchi giorni. Quando penso a Roma mi s´affacciano molti pensieri e immagini tristi; cerco allora di portar la mente alle persone che sono state bene con me, che stimo, e tra queste lei è una delle prime. Mi dia dunque le sue notizie e me le dia buone. La Polinnia venne alla luce una settimana dopo che ero partita, ma con tre errori madornali che non erano mai stati nelle bozze. Mi arrabbiai e scrissi alla persona incaricata di distribuire il libro, che si facesse fare una errata-corrige. Ormai spero che sarà ultimato e distribuito. Firenze, 30 novembre 188 [?] " [...] La nebbia e la neve mi hanno cacciato da Cortona, dove ho trasportato i miei penati [?], come lei sa. Ma come mai farsi venire le febbri miasmatiche? Forse la sua nuova abitazione a Roma è vicina al gran padre Tevere, padre di malanni più che di qualunque altra cosa? [...]. Ho piantato per qualche tempo la mia tenda qui a Firenze, che ha per me le attrattive d´una città nuova, e dove il triste inverno è dissimulato e mascherato da tanti giardini e da tanti fiori. Parlo in senso vero e in senso metaforico. Vi sono delle rose, delle camelie e vi sono tanti fiori d´arte che fanno più piacere di quelli di Roma, forse perché sono disposti con più gusto. Ho intenzione di farmi una scorpacciata di conferenze, di letture e corsi di lingue straniere al Circolo Filologico e altrove. Per cominciare ho assistito domenica alla giornata solenne annuale dell´Accademia della Crusca, a cui forse lei appartiene o deve appartenere, poiché sono stati recentemente ammessi Zanella [Giacomo] e Carducci. Vi si parlò con elogio della scuola romana e del Rezzi [Luigi Maria], a proposito del premio da questo stabilito , per il conferimento del quale la Crusca è stata chiamata a giudicare. Vi fu poi l´elogio del Maffei. Mi dispiace che il concetto dei miei versi non le sia andato a genio. Se avessi potuto vederla avrei preso i suoi consigli con mio utile. Quanto alla novità dei metri, io non ci tengo affatto; mi fa comodo d´evitar la rima perché non ne sono padrona come lei, e quelle tali idee mi vengono vestite con quella tale forma metrica , forse perché dovendo far parlare fanciulle romane pie [?]". Firenze, 23 gennaio 188 [?] " [...] Il lavoro che vorrei fare è una monografia della famiglia Venuti, intrecciata con la storia di Cortona sua patria. Ci sono molte memorie dimessa fin dal 1400; ebbe poi un momento di gloria nel 1700 sia per la dottrina che per le armi. Ho raccapezzato molte cose della biblioteca cortonese, altre ne acquisterei da certi preti eruditi, però non so come distribuire il materiale, se seguire l´ordine cronologico. Vorrei unire il lavoro dei ritratti e dei disegni. Ho un´altra trentina di poesie che dormono nella cartella; mi ci vorrebbe un colpo di sprone per riprenderle e finirle per la stampa [...]".